Luc-c-a

Siamo da Ikea. Il capretto è già abbastanza incavolato perchè si avvicina l'ora della pappa e non sopporta di essere seduto nell'ovetto. La mogliettina trottola attorno senza capire bene cosa vuole e soprattutto perchè vuole. Maritozzo si è arreso all'inconcludenza della consorte e ripete ad intervalli regolari allora, hai deciso? allora, hai deciso? allora, hai deciso?

In tutto questo, ci si materializza davanti agli occhi Gioacchino: praticamente un anno che non lo vediamo, lo ritroviamo ammogliato e incinto. Non per niente, si trova con una lista ad Ikea-dei-piccoli.

Lui: Ehi, come state?
Noi: Bene. E tu? Tante novità nell'aria, eh?
Lei: Eh, sì. E' una bimba e nascerà ad Agosto.
Noi: Congratulazioni. E' una bella avventura!
Lei: E il vostro bimbo? Come si chiama?
Noi: Andreas.
Lui: Ah, finalmente un nome diverso. Tutti i maschietti che nascono vengono chiamati Luca, ultimamente.
Lei: Anche noi avevamo pensato a Luca se fosse stato un maschio. Invece, è femmina.
Lui: Sì, ma Luca ormai lo scelgono tutti. Quindi, noi avevamo scelto di chiamarlo Luca con  d u e  C. L u c c a, come la città italiana. Bello, no?
Noi: … Ehm, sì. Lucca è una bella città in effetti.
Lui: Eh, invece, è una bimba. Quindi, niente Lucca. Peccato. Sarà per il prossimo.
Noi: … … (speriamo di no, poveretto!)

Premetto che Luca è stato il primo nome a cui avevamo pensato per il capretto. Dopo 48 ore in cui le persone si rivolgevano alla mia pancia chiamandola Luca, mi è venuto a noia il nome e, insieme a maritozzo, lo abbiamo scartato. Se un giorno Andreas si lamenterà del nome che gli è capitato in sorte, gli racconterò di Lucca e di una coppia franco-polacca che si divertiva a coniugare nomi nuovi, aggiungendo C a vanvera. Spero che questo basterà a fargli fare pace col suo nome.

Ventolina’s adventures

Io: Ventolina, allora cosa mi racconti del tuo viaggio in giro per il mondo? quali Paesi hai visitato negli ultimi 6 mesi?
Ventolina: Mmm.. Francia, Germania, Norvegia, Svezia, Islanda, Irlanda, Scozia, Galles, Estonia, Giappone, Nuova Zelanda, Thailandia, Australia, Vietnam, Cambogia, Indonesia.
Io: Tutto couchsurfing, cioè andando ospite di casa in casa e dormendo (teoricamente) sul divano dei padroni di casa?
V.: Sì, certo. Ho conosciuto un sacco di persone interessanti.
Io: Wow… e quale Paese ti è piaciuto di più?
V.: L'Australia: lì tutti sono gentilissimi. Tranne uno dei miei host, ma quello era Kiwi, non Aussie. Quindi non conta.
Io: E cosa ti ha fatto questo Kiwi?
V.: Beh, si è fatto dare i soldi della benzina per essermi venuto a prendere in aeroporto e ha voluto che andassimo insieme a fare la spesa, spartendoci i costi. Ha comprato un pacco di uova e io ho visto che ne aveva ancora molti altri in frigo. In più, era un nudista.
Io: Nudista in che senso?
V.: Nel senso che girava per casa solo con un asciugamano attorno alla vita.
Io: Ah…
V.: In più, quando gli ho chiesto la password della sua rete wi-fi, mi ha risposto che per averla, avrei dovuto mettermi nudo anche io.
Io: E tu ovviamente…
V.: Io ho accettato, tanto comunque avevo l'asciugamano addosso.
Io: Ah…
V.: E una sera ha preteso che andassi a cena con lui e un altro ospite; io non volevo perchè stavo navigando e lui, per ripicca, ha spento il router.
Io: Ah…
V.: Ma la cosa peggiore era il bagno.
Io: Non oso immaginare… cosa aveva il bagno?
V.: No, niente. Era inagibile perchè stavano facendo delle ristrutturazioni, quindi la doccia era in giardino: in mezzo al giardino.
Io: Ah..
V.: Quindi, per lavarmi dovevo andare in mezzo al giardino mezzo nudo, con tutti i vicini attorno che guardavano.

Nel caso ve lo stiate chiedendo, Ventolina ora è in viaggio per la Francia, dopo essere stato in Olanda. Dopo l'esperienza francese, riprenderà l'aereo è visiterà le Americhe: Canada e Paesi Sudamericani. Poi, quando sarà stanco (ma proprio stanco) di viaggiare, forse si fermerà e si troverà un lavoro. Goodbye, my friend!

un anno dopo

Il 29 aprile 2011 scoprivo che eri in viaggio verso casa nostra. Papà non c'era perchè dormiva a casa dei nonni. Io ho fatto quel test con le mani che tremavano e il cuore in gola. C'è, non c'è, c'è, non c'è, c'è, non c'è, c'è, non c'è… incinta…  Quella parola, un tuffo al cuore. Il computer: dov'è il computer. Accendi skype, maritozzo non è collegato, chiamalo sul cellulare, richiamalo perchè ha messo giù scambiandoti per la sveglia, accendi skype: subito.
Il tuo papà si è svegliato il 29 aprile con l'immagine della videocamera fissa su quell' incinta 1-2. Non ci siamo abbracciati forte, non abbiamo pianto. Abbiamo sorriso e ci siamo detti che, sotto i rotoli di ciccia, c'eri tu che ti stavi attaccando forte proprio a dieci anni esatti da quando ci siamo messi insieme. Quella sera ho avuto delle perdite e abbiamo pensato che te ne stessi andando subito dopo averci salutati. Invece, cocciuto e testardo come un capretto, tu ti sei fatto la tua casetta dentro di me, sei cresciuto, cellula dopo cellula. E poi.. la paranoia perchè non avevo sintomi, seguita a ruota dalla noia dei sintomi. La nausea che passava solo con le patatine del McDonald's; lo schifo per l'acqua; il sonno. Il tuo papà che ti parlava sottovoce, piano piano, perchè io non sentissi le cose che vi dicevate voi due. Le settimane che passavano e festeggiavamo tutti i tuoi complesettimana senza averti mai visto. La mia public defense, che solo a sentire l'odore delle cose che avevamo preparato per l'aperitivo mi mancava il fiato. E poi.. la faccia del tuo papà la prima volta che ti ha visto sullo schermo dell'ecografo il 28 giugno e tu che tiravi testate alla sonda e non stavi fermo un secondo, mandando in crisi l'ostetrica che ne ha chiamata una seconda in aiuto e che ha poi chiamato la terza. Maritozzo, c'è poco da fare: questo qui scapretta come un capretto. Le nostre vacanze alle Cinqueterre e come per magia, la scomparsa della nausea; i primi fruscii, borbottii, colpi; le vacanze in montagna. I tuoi salti nella pancia quando stavamo insieme a guardare le cellule al microscopio; le tue capriole quando era ora di mangiare fame – fame – fame. Il nostro primo Natale qui in Svizzera, da soli noi tre, col nostro alberello e le due gatte come bue e asinello del presepe. Le nostre 39 settimane insieme fino a quel 29 Dicembre.

No, ecco, divago. Il 29 aprile 2011 scoprivamo che c'eri e speravamo che ci saresti stato per sempre. Il giorno dopo si sarebbero sposati gli zii. Quel giorno dovevo andare dalla parrucchiera: taglio – piega – colore… colore?! cosa?! come?! no, assolutamente niente colore per le donne incinte. Optiamo per le meches, che assolutamente non tocchino il cuoio capelluto. Per proteggerti dall'ammoniaca della tintura per capelli o da chissà quale altra diavoleria tossica per un piccolo grumetto di cellule come eri tu in quei giorni, il 29 Aprile 2011 la tua mamma si è fatta le meches: bionde, orrende. Ha passato tutto il 30 Aprile a piangere per le perdite e per quello scempio dei suoi capelli, con buona pace degli zii e del loro matrimonio. Da quel giorno non ha più toccato il colore dei suoi capelli: vorrai mica esporre la creatura ad un rischio chimico inutile durante la gravidanza?! E adesso che allatti, vorrai mica passargli immondizia ammoniacale insieme agli anticorpi con il latte?!
Oggi guardandomi allo specchio penso a quel 29 Aprile. In questo anno, tu sei diventato il bambino bellissimo e di quasi 7 chili che sei; l'attaccatura di quelle meches mi arriva ormai alle orecchie. Ne succedono di cose in un anno. Buon primo anno di noi, capretto!

mai mettersi contro l’allattamento al seno

Ho scritto un post piccato, ironico, irriverente contro l'allattamento al seno?

Ecco.

Venerdì sera, malessere generalizzato di lieve entità. Penso di aver preso freddo.
Sabato mattina, malesse generalizzato di medio-forte entità. Resisto fino alle 13 quando alla domanda di maritozzo su cosa vorrei fare, gli mollo in braccio il capretto e gli dico che vado a letto perchè non ce la faccio più. Ho male dappertutto, ho i brividi, freddo-freddo-freddo. Dopo aver dormito tre ore, nutro il capretto. Sento dolore al seno e mi accorgo che è leggermente arrossato. Boh… passerà. Alle 21 sento meno freddo del solito: mi misuro la febbre. 38°C. Il seno destro è indubbiamente rosso (perfino maritozzo daltonico lo vede), duro in un punto e dolente. Argh… l'ingorgo mammario… @##@@ e se fosse mastite o ascesso??? La guardia medica mi dice di andare al pronto soccorso ginecologico, previa telefonata per avvisarli. Al telefono, l'infermiera del PS ginecologico mi dice che 38°C non è ancora febbre: si tiri il latte, attacchi il bambino, faccia impacchi caldo-umidi, dreni il più possibile. Ah, e si scordi di dormire tutta la notte: massimo ogni 3-4 ore, deve tirarsi il latte o svegliare suo figlio perchè lo faccia lui al posto suo. Tzè, secondo voi, sveglio lui che dorme pacifico e poi si incavola o faccio da sola?!
Domenica, malessere localizzato al seno di media entità. Dopo aver drenato, impaccato, tirato, la febbre non c'è più. Con il passare delle ore, se ne va il rossore. Il dolore un po' resta.

Tutto questo perché? Perché venerdì non ho allattato dalle 7.30 alle 17.30; perché avevo un esame ed era vietato allattare al seno; perché il capretto si è bevuto un biberon di latte artificiale come ridere, senza lamentarsi del gusto diverso, impiegandoci un decimo del tempo di quello che impiega quando beve da me e dormendo poi pacifico e ghiroso come non mai; perchè forse il reggiseno stringeva proprio lì, in mezzo, in alto; perchè forse sì, ero pure un po' stressata. Insomma, ecco l'ennesima sorpresa dell'allattamento esclusivo al seno: una volta che cominci, non è facile smettere, nè tantomeno prendersi una pausa…

i pensieri di un cyborg

In piedi,  in soggiorno, mentre tutti gli altri sono seduti al tavolo a smanettare con i-pad e i-phone.

Mamma cyborg (mia mamma, n.d.r): Voglio anche io qualcosa della Apple prima che finisca la serie, adesso che è morto Steve Jobs e i suoi successori non sono all'altezza.
La pulce: Mamma ma tu cosa te ne fai di una cosa della Apple? Sarebbe tutto sprecato, s p r e c a t o, con te.
Maritozzo: La Apple non fallirà mai (tiè tiè tiè).
Il cognato ingegnere: La riflessione non fa una piega. In effetti, potrebbe fallire: chi lo sa.
Io: … no, io non ho detto niente perchè mi stavo rotolando dalle risate.
La pulce (again): secondo me, la mamma ha detto così perchè vuole comprarmi un computer nuovo e non vuole farlo sapere al papà e quindi, fa finta che sia per lei.
Mia sorella: Ma mamma… cosa ti piacerebbe della Apple, scusa?
Mamma cyborg: ah, io non so, non me ne intendo. Ma vorrei qualcosa con quella mela lì di dietro.


ri-testo

Ecco, quindi, il resoconto della mia seconda campagna promozionale. Questa volta, in prova il Cuore di Brodo – gusto Pesce – della Knorr. L'ho provato, anche se decisamente meno di mia suocera che aveva in programma un pranzo a base di pesce per Pasqua e quindi si è sbizzarrita. Indubbiamente più veloce e pratico che fare un fumetto di pesce, nella cui preparazione non mi sono mai cimentata perchè, francamente, chi ha in casa teste, code e polpa di pesci di medie-grandi dimensioni? Il brodo si prepara in fretta ed ha un gusto piacevole. Non avevo mai provato questi dadi gelatinosi e mi sono piaciuti nel formato e nel confezionamento. Esperienza più che positiva e almeno questa volta tutti hanno accettato volentieri i miei campioncini omaggio.

Tutti tranne maritozzo.
Io: evviva, finalmente una campagna dove ci sono prodotti culinari. Il brodo Knorr al pesce! Ti piace l'idea?
Maritozzo:  … Lo sai di chi è la Knorr?
Io: Mmm.. no. E' importante?
Maritozzo: E' della Unilever.
Io: embè?
Maritozzo: la Unilever è uno dei principali competitori di Nestlé nell'industria alimentare.
Io: … e quindi?
Maritozzo: no, niente…

Uno di questi giorni devo controllare maritozzo per verificare che i suoi nuovi datori di lavoro non gli abbiano messo né un chip sottopelle né un impianto cerebrale per condizionare i suoi (e miei) acquisti.

le cose che non sopporto dell’allattamento materno esclusivo

1. le dissertazioni sul mio seno: è pieno, sgonfio, grosso, vuoto, senti il latte che sgorga quando il bimbo si attacca. E le inquisizioni sui miei capezzoli: duri, soffici, delicati, rientranti, sporgenti, piccoli, grandi, chiari.

2. l'esposizione del mio seno in pubblico. Se fino a qualche mese fa, per pudore lo tenevo lontano pure dalle scollature, adesso lo mostro in pubblico con la sanguisuga attaccata, ma soprattutto troneggia, non richiesto, nelle foto del poppante.

3. l'uso non-stop del reggiseno: non indispensabile se non fosse che serve a sorreggere le coppette assorbilatte e quelle sì che sono indispensabili. Unica eccezione (ma troppo breve): quando faccio la doccia.

4. le disquisizioni sugli alimenti da bandire dalla mia dieta. Non ne avessi avuto abbastanza delle restrizioni della gravidanza, allatto e ricominciano a farmi sentire in colpa. No, la verdura a foglia larga, no. No, la verdura a foglia verde, no. I pomodori no perchè sono acidi. Il latte no perchè fa la crosta lattea. La caffeina bandita perchè lo tiene sveglio. Il cioccolato no perchè è un eccitante. Il salame no perchè ha un gusto piccante che passa. Dimentica i broccoli, i cavoli e gli asparagi.

5. l'impossibilità di curarmi con farmaci. Se in farmacia, fino a prima della gravidanza, mi avrebbero venduto tutta la farmacopea dei medicinali da banco, ora signora, continui con il paracetamolo e vediamo se passa: sa, lei allatta…

6. la discriminazione mamma – papà. Se il poppante si trasforma in scimmia urlatrice isterica, papà ti guarda con occhi pieni di compassione e sollievo: tocca a te: sei tu che hai le tette.

7. l'impossibilità di dormire comoda fino a mattina. Una prega per avere un bambino che dorma la notte, è incredibilmente fortunata e la sua richiesta è esaudita. Peccato che il bambino dorme beato e il mio sonno è disturbato dal seno diventato una pietra dolente perchè troppo gonfio.

8. i capelli. Durante la gravidanza belli e folti grazie agli estrogeni; durante l'allattamento cadono a ciuffi. La scienza spiega tutto dicendo che mancano gli estrogeni e la prolattina è tossica per i bulbi piliferi; la saggezza popolare dice che i capelli si perdono quando il bambino comincia a riconoscere la mamma. Poco importa: ancora qualche giorno e la mia testa sarà indistinguibile da quella di maritozzo.

 

28 Marzo

Il 28 Marzo non è solo l'anniversario del conseguimento della mia (inutile) laurea (sono passati già sei anni!).
Non è nemmeno solo il compleanno di mia suocera (auguri!).
Il 28 Marzo è il giorno in cui il fu-moroso ha rifiutato un'offerta di lavoro come rappresentate di Promega in Triveneto. Ha rifiutato in un guizzo di credo sia meglio che finisca il dottorato visto che l'ho iniziato.. sai… lo studio… la formazione…gli impegni presi… il laboratorio… il prof.

A causa di quel rifiuto, ha accettato di partire per un anno a Madison (WI, USA) per finire il dottorato. Per non restare a casa a girarmi i pollici mentre lui esplorava il mondo, io ho mollato il mio stage a Verona presso GlaxoSmithKline e sono venuta a fare un dottorato a Losanna (Svizzera). Quando lui ha finito il dottorato, mi ha raggiunto a Losanna per fare il post-doc in attesa che finissi io. Ho fatto appena in tempo a prendere questo benedetto titolo che lui ha trovato lavoro nella fabbrica di Willy Wonka. Fra poco sarò obbligata a trovarmi un'altra occupazione nei dintorni mentre aspetto che lui si stanchi di farsi mantenere dalla Nesquik 🙂

Il 28 Marzo 2006 per noi è stata una sliding-door. Quel giorno le nostre vite hanno inconsapevolmente preso una strada che ci ha condotti qui. A volte mi domando cosa ne sarebbe stato di noi se il fu-moroso avesse detto sì.
p.s. io adoro il film Sliding Doors!

Vigor

Per chi mi ha conosciuto dopo il 1996, deve essere difficile da immaginare. Anche chi mi conosce da prima potrebbe far fatica a ricordarselo. Perchè, considerata la mia stazza e la mia proverbiale pigrizia, è difficile credere che per 6 anni della mia vita io abbia fatto sport e anche parecchio.
Ho giocato a pallavolo per 3 volte a settimana (che diventavano 4 nella stagione dei campionati) esattamente dai 9 ai 15 anni. Ho cominciato sulle orme di Mimì (che non mi piaceva neanche un po'), di Mila (che mi stava un po' più simpatica) e di tutte le mie amiche che avevano occhi solo per la pallavolo, ma soprattutto ho cominciato perchè odiavo andare in piscina (ho il terrore di nuotare!). Non ho fatto faville agli esordi. Ero un elemento interessante per via della mia altezza e perchè, nello sport come nella vita, ero mossa da un forte senso del dovere e della dedizione.
Un po' alla volta, come le zucche, sono maturata sul campo. Ho cominciato ad avere più fiducia nelle mie capacità, ad espormi di più e a prendere l'iniziativa, grazie anche all'appoggio dell'allenatore giusto e della squadra perfetta. Dall'essere riserva, sono passata ad essere titolare e a dare un po' di soddisfazioni a mio papà che mi accompagnava su e giù per la provincia polesana, tutte le domeniche e ad orari improponibili. Mi ricordo che partivamo di mattina presto in silenzio per non svegliare mia sorella, mia mamma e la pulcetta neonato. Arrivavamo in palestre sfigate e puzzolenti, dopo esserci persi per la strada perchè non esistevano ancora i navigatori e poi, via: io in spogliatoio/ sul campo e lui sugli spalti. La mia ultima partita ufficiale è stata il 25 Aprile 1996, ma io non sapevo ancora che quella sarebbe stata la mia ultima partita. Due giorni dopo sarei andata all'ennesimo controllo cardiologico e un dottore fermamente burbero mi avrebbe comunicato che no, non me la sento più di darti l'idoneità al gioco agonistico: le tue aritmie ci sono e costituiscono una controindicazione alla pratica dello sport ad alto livello. La partita del 25 Aprile è stata la più bella partita della mia vita: quella è stata la mia giornata e io ancora non lo sapevo. Ho giocato da dio e ho sentito le parole più belle per un giocatore, dette dal mio allenatore alla palleggiatrice oggi non c'è storia: è Chiara che segna, quindi continua a far schiacciare lei. Non so cosa ci fosse nell'aria; non so se fosse scritto nel destino: quel giorno la palla era incantata. Bastava che io la toccassi e facevo punto. Mi ricordo l'entusiasmo, la soddisfazione e la fierezza di quella partita. E la felicità negli occhi del mio papà alla fine del match, quando salutavamo il pubblico, avevamo vinto e le avversarie guardavano con ammirazione-misto-odio proprio me, perchè io avevo fatto la differenza sul campo.
E' stato in quegli anni che ho visto giocare Vigor Bovolenta. Era un talento polesano e tutte noi delle serie cadette sognavamo per il nostro futuro una carriera in serie A, la nazionale e quelle schiacciate e quei muri che terrorizzavano gli avversari. Quando ho sentito che lui si è accasciato sul campo l'altro giorno e così si è spento, mi si è fermato per un istante il cuore. Della vita pallavolistica mi rimane una medaglietta d'oro con inciso il numero 11 (il mio numero di maglia), quella medaglietta che mi ha regalato mio papà il Natale successivo al mio ritiro a ricordo perenne di quel periodo della mia vita, di quell'entusiasmo, di quelle aspettative sul futuro. Di Vigor ricordo l'altezza, lo slancio e il rombo delle pallonate che tirava in palazzetto. Il mio pensiero va a lui e alla sua famiglia oggi, perchè si può davvero morire sul campo, sfortunatamente…

il capretto contro i virus

A causa di un'antipaticissima bronchiolite contratta mentre eravamo in Italia in visita ai parenti, Andreas è stato ricoverato una notte in ospedale. Ci siamo spaventati molto, siamo stati sigillati in stanza poichè infettivi, abbiamo monitorato per un giorno intero la sua ossigenazione del sangue e poi, siamo tornati a casa. Segue conversazione su Skype scambiata con mio fratello, la Pulce.

[06/03/2012 16:21:09] Pulce: sei a casa?
[06/03/2012 16:21:48] io: Sì
[06/03/2012 16:22:03] Pulce: e andre?
[06/03/2012 16:22:51] io: Anche andre è a casa
[06/03/2012 16:24:05] io: La prox volta seguo il tuo consiglio e me ne resto qui. Altro che tornare a casa
[06/03/2012 16:25:16] io: Rompo le scatole a te e al cane (nessuno dei due ha apprezzato le orde di vistatori ad ogni ora del giorno, n.d.r.) e alle gatte (sono state chiuse in garage dai miei per 15 giorni, n.d.r.); mi stresso io e andreas si ammala
[06/03/2012 16:27:20] Pulce: non fa una piega
[06/03/2012 16:28:57] io: Come stai? Io sono depressa…mi hanno mandato a casa, ma mi hanno detto di essere super attenta che andreas non peggiori…e allora, paranoia a go-go!
[06/03/2012 16:31:10] Pulce: non sono lo sportello ascolto 🙂
[06/03/2012 16:31:26] Pulce: io adesso devo fare le relazioni
[06/03/2012 16:33:15] io: Uff sei utile come le mutande in un film porno
[06/03/2012 16:33:52] io: Fai le relazioni sfigatino
[06/03/2012 16:33:57 | Pulce: mi perdoni sua eccellenza Sign.ra Forchetta nel Brodo 🙂

Oggi, a distanza di una ventina di giorni, siamo alle prese con un altro virus e con dell'altra tosse. Speriamo di aver capito come si fa a guarire e di non dover fare un altro salto in ospedale. Segue Andreas che fa gesti simbolici contro il nuovo virus… 🙂